Un Festival Covid Free

Questo è un periodo che non conosce precedenti, almeno nell’era postmoderna. Di pandemie il mondo ne ha conosciute anche nel secolo scorso, non meno violente. Ma questa è stata la prima pandemia mediatica, la prima volta nella quale (quasi) tutto il mondo si è chiuso in casa, si è isolato dagli altri – e a volte anche da se stesso – affidando alla Rete il compito di farsi veicolo per informarsi e per rimanere in contatto, condividere spazi, parole, immagini, sentimenti.  Si è improvvisato, in un tempo sospeso. La domanda su cos’è il jazz è inflazionata, obsoleta e forse anche noiosa. Quando un musicista racconta una nuova storia, è Jazz. Il Jazz è, soprattutto, questo, Improvvisazione: affrontare un tema inedito tirandone fuori qualcosa di unico e irripetibile, nota dopo nota.

Con questo stesso spirito, Bari in Jazz in poche settimane ha messo insieme ventiquattro giovani musicisti, uniti a qualche veterano del jazz, dando vita a tredici concerti mozzafiato. Improvvisazioni che raccontano storie e creano tessuti sonori, con strumenti, voci, testi, che partendo dal jazz abbracciano il suono del Mediterraneo. Per un festival che si svolge in Puglia, è inevitabile. Un’intera costa che affaccia e scende verso il “Mare nostrum” come lo chiamavano gli antichi romani, e che assorbe di continuo suoni e parole di là del mare.

Bari in Jazz quest’anno è alla ricerca di poesia, dell’essenza delle cose, proponendo un cartellone artistico eterogeneo, raffinato e dolce, come i colori del territorio che lo accoglie, sempre più curioso e interessato ai suoni di un festival metropolitano.

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